Fotografie 1962 2005
Soggiogata dall'ideale del ‘vero',dai topoi letterari dell'obbiettività e dell'automatismo,la fotografia ha sempre dovuto lottare per affermare il suo statuto di arte - ossia di invenzione e di linguaggio. E' in questa battaglia che a Mario Lasalandra tocca un posto assai alto,e il merito d'aver ricondotto, caso del tutto eccezionale in Italia, la fotografia alle funzioni primigenie dell'arte: l'evocazione, il racconto, la mitopoiesi.
Nato nel 1933 a Este,sul limite meridionale dei colli Euganei, Lasalandra eredita negli anni Cinquanta l'atelier del nonno materno, Federico Tuzza pittore e fotografo. Presto inizia ad alternare l'attività commerciale con ricerche originali, fotografando in ambientazioni desolate personaggi clowneschi, sui quali l'influenza dei primi film di Fellini (La strada, Le notti di Cabiria) appare molto evidente. In breve, le scene si fanno sempre più complesse,e Lasalandra comincia a costruire fantastiche storie che, seppur prive di una rigorosa coerenza drammaturgia, sono piene di evocazioni e di riferimenti alle figure della mitografia del moderno.
Nascono così le sue serie più celebri, Giudizio, 1967, Spaventapasseri, 1968, Filodrammatici, 1968, Storia di un dramma, 1970, popolate da suggestive schiere di angeli, vergini, profeti, maschere, attori, fantasmi. Figure barcollanti, che manifestano attraverso il loro equilibrio precario, l'instabilità di un'epoca in cui la fotografia in Italia è attraversata da una crisi profonda e irrimediabile. Ma figure, al contempo. Che si nutrono di un rapporto con la storia - dal dagherrotipo ad August Sander, da David Bailey a Diane Arbus - in un modo straordinariamente originale. E che si offrono in una incessante, e tuttora inesausta, varietà di tipi e di situazioni. Figure, che fanno di Mario Lasalandra uno degli autori più innovativi e geniali della fotografia contemporanea.